Anche per il Tribunale di Verona le rette dei malati di Alzheimer non sono a carico dei parenti

Anche per il Tribunale di Verona le rette dei malati di Alzheimer non sono a carico dei parenti
14 Settembre 2017: Anche per il Tribunale di Verona le rette dei malati di Alzheimer non sono a carico dei parenti 14 Settembre 2017

Decisa presa di posizione del Tribunale di Verona in materia di rette di degenza dei malati di Alzheimer.

Con una recente pronuncia (sentenza n. 689/2016), infatti, il Giudice scaligero ha revocato il decreto ingiuntivo che l’ente gestore di una Casa di ricovero aveva ottenuto nei confronti del figlio di un’anziana ospite “affetta dalla malattia di Alzheimer” per le rette di degenza di quest’ultima, nel frattempo deceduta.

L’ente fondava le proprie pretese su di un “contratto di assistenza” stipulato “all’atto del ricovero”, col quale il figlio si era obbligato “a corrispondere la retta per il ricovero e l’assistenza” della madre.

La causa è stata decisa senza esser istruita, se non documentalmente, sulla base di un’equazione molto semplice, che si può riassumere in questi termini: l’Alzheimer è una malattia e la legislazione vigente prevede che i malati abbiano diritto ad essere assistiti gratuitamente.

La motivazione della sentenza ricostruisce il quadro normativo di riferimento, osservando che da questo deriva la constatazione per cui “ove accanto alle prestazioni socio-assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, l’attività va considerata di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del Servizio sanitario nazionale”.

Il fatto che all’anziano malato vengano erogate prestazioni assistenziali, relative alla cura della sua persona (vitto, alloggio ed altre), non vale quindi ad escludere tale “competenza” e la conseguente assunzione dei relativi costi a totale carico del S.S.N., quando assieme ad esse vengano erogate prestazioni sanitarie.

Il Giudice del merito, con riferimento al caso specifico dell’anziana di cui si trattava, rilevato che costei era affetta da “demenza di tipo Alzheimer in fase avanzata, con disturbi comportamentali prima di moderata, poi di grave entità”, che era stata “sottoposta ad un intervento di gastrostomia endoscopica percutanea, al fine di consentirne la nutrizione enterale” e che, a seguito di tale intervento, aveva ricevuto pure cure sanitarie di “elevata necessità”, venendo sottoposta “ad un continuo monitoraggio medico e a frequenti variazioni della terapia farmacologica in essere”, ha ravvisato la sussistenza di un “concorso inscindibile di più apporti professionali sanitari e sociali… con preminenza dei fattori produttivi sanitari”.

Inevitabile, quindi la conclusione per cui “l’onere relativo alle prestazioni fruite deve considerarsi di esclusiva competenza del Servizio sanitario nazionale”, sulla scia dei principi delineati dalla nota sentenza della Cassazione civile n. 4558/2012 (in accoglimento delle tesi sostenute, in quella causa, dall’Avv. Miotto).

Il Tribunale veronese ha poi rigettato la contro-eccezione dell’ente, che intendeva far valere il succitato “contratto di assistenza”, affermandone la nullità per mancanza di causa ed uniformandosi così all’orientamento espresso, a questo proposito, dalla già citata sentenza n. 4558/2012 della Cassazione.

In conclusione, nemmeno un apposito contratto, quale quello che gli Istituti di ricovero fanno solitamente sottoscrivere ai parenti quale condizione per accogliere gli anziani malati presso le proprie strutture può fondare una valida obbligazione a carico di costoro per il pagamento delle rette di degenza.

Si noti come la sentenza in questione abbia, in realtà, consolidato questo orientamento, favorevole ai parenti dei malati di Alzheimer, presso il Tribunale scaligero, andandosi ad aggiungere ad una precedente sentenza (n. 2384/2013), con la quale il medesimo Tribunale, revocando anche in quel caso un decreto ingiuntivo ottenuto da un Istituto di ricovero, aveva affermato la nullità di un analogo “contratto”, per contrarietà a norme imperative (art. 1418 c.c.).

 

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